Moralità
di John Coleman
Più ansietà abbiamo verso la moralità delle altre persone, meno attenzione diamo alla nostra immoralità. L’immoralità si manifesta sempre come sofferenza e questa sofferenza può essere soltanto sperimentata all’interno di noi stessi. Non potete sperimentare l’immoralità della sofferenza degli altri.
E’ soltanto attraverso l’oggettivo sperimentare della sofferenza (immoralità) dentro noi stessi come un’instabile, decadente, fenomeno in dissolvimento (
Annica) che la sofferenza (immoralità) può andare via e la
Legge di Causa ed Effetto
può essere soddisfatta. Sfortunatamente, per una buona parte di noi, quando sperimentiamo sofferenza dentro noi stessi gli rispondiamo con avversione, condannandola come colpevole e condannando noi stessi come peccatori, creandoci sentimenti di colpa.
Incapaci di rispondere alla nostra immoralità con la compassione e l’oggettività allora volgiamo la nostra attenzione verso l’immoralità degli altri.
Incapaci di rispondere alle nostre mancanze con equanimità e invece rispondendo con avversione noi diventiamo crociati devoti alla distruzione dell’immoralità altrui. Ci affidiamo al massacro dell’infedele con lo scopo di servire dio.
Se una persona si sente a disagio con i comportamenti immorali di un’altra, egli dovrebbe evitare quella persona e trovare qualcun altro come compagno, dove l’immoralità è meno offensiva per lui. Non si dovrebbe condannare l’altra persona la quale moralità trovate oggettiva, invece augurargli di stare bene mentre abbandonate la compagnia. Questo è quello che Cristo voleva dire quando ci raccontò ‘di volgere l’altra guancia’.
Si può evitare l’immoralità (tenerla segreta o visibile) degli altri ma siamo incapaci di riformarla. Siamo soltanto capaci di riformare noi stessi e poi soltanto per mezzo di un’attitudine di gentilezza e realismo verso le imperfezioni della nostra umana esistenza. Non perdoniamo ne condanniamo la nostra immoralità o l’immoralità degli altri ma condividiamo i nostri meriti con le forze negative e le influenze di noi stessi e degli altri, incominciando a vivere in pace, mentre in modo equanime sopportiamo le conseguenze dei nostri misfatti.
E’ attraverso l’umiltà, un sentimento di perdono e condivisione dei meriti, che creiamo con più probabilità
le circostanze nelle quali sia noi stessi come pure gli altri sopporteremo la nostra sofferenza con la consapevolezza di Annica, per il beneficio di tutti gli esseri. Quest’attitudine da significato al consiglio di Cristo di volgere l’altra guancia.
Che tutti gli esseri ovunque condividano tutti i nostri meriti. Che tutti gli esseri ovunque siano in pace e felici.
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