Tanto tempo fa, nell'India del nord, un giovane si sedette (in meditazione) sotto un albero e decise di non muoversi fino a quando non avesse capito la realtà della vita. Era un compito notevole! ... Il suo nome era Gotama. Era un principe. Suo padre governava il regno di Kapilavastu vicino ai confini con il Nepal. Il periodo: venticinque secoli fa.
Da quanto ci è stato tramandato riceviamo l'impressione che il giovane, sebbene fosse un figlio affettuoso e amato, abbia dato ai suoi reali genitori notevoli preoccupazioni. Passava molte ore immerso nei suoi pensieri e dava poca importanza alle sue responsabilità di futuro regnante. Si preoccupava degli aspetti spirituali, della sofferenza, e passava forse troppo tempo - almeno secondo l'opinione del padre - con yogi e religiosi. Il re decise di far rinsavire il ragazzo una volta per tutte facendogli sposare all'età di 18 anni la bella principessa Yasodhara. Il piano funzionò per un certo periodo. Il re divenne nonno e Gotama e Yasodhara stettero insieme felicemente per 12 anni.
Ma sebbene Gotama fosse a tutti gli effetti un rispettabile, anche se un pò isolato, rampollo della famiglia reale, il suo cuore non era assorbito totalmente dai suoi compiti. Appena sotto la superficie, come dice la leggenda, vi era il desiderio di conoscenza, la ricerca della verità, l'urgenza di dare una risposta ai problemi insolubili della vita, della morte, del vivere e del soffrire.
Come chiunque altro ai suoi giorni credeva che la vita non avesse fine; quando un'anima raggiungeva il termine della sua presente esistenza passava ad un'altra. Non metteva in dubbio l'antica dottrina Braminica del ciclo della vita. Ma se si continuava a vivere, anche in altri corpi, era necessario anche soffrire? Quale era il significato, la ragione del dolore? Probabilmente il fatto di essere un principe e sapere che un giorno sarebbe stato a capo di una nazione e perciò responsabile del benessere della sua gente, lo spinse a trovare una risposta o almeno ad avere la soddisfazione di averci provato. Si rasò il capo e la barba, mise da parte ornamenti regali e abiti sontuosi, si vestì con la rozza veste gialla del mendicante religioso e se ne andò a piedi lasciando la sua lussuosa casa-prigione.
Ci sono molti resoconti di come il giovane principe Gotama passò i successivi sei anni della sua vita e a questa distanza di tempo i dettagli sono confusi. Si sa che studiò gli insegnamenti dei Bramini ma trovò che non davano le risposte ai misteri che desiderava risolvere. Per un po' frequentò un gruppo di asceti che si autoinfliggevano mortificazioni della carne nella speranza di guadagnare la pace. Ma trovò che ciò era inutile e non conduceva da nessuna parte. Subì il fascino di due grandi yogi che avevano raggiunto gradi elevati di potere psichico soprannaturale e per un pò di tempo lesse i loro insegnamenti e praticò il loro credo. Ancora, però, non era convinto che questa linea di pensiero perseguita in condizioni di rigoroso ascetismo, digiuno e negazione di sè, con serie conseguenze per la salute, portasse al sentiero della pace.
La pace della mente, la soluzione ai punti interrogativi della mente, il significato della vita. Tutto ciò sfuggiva al giovane principe. Sei anni passarono, poi fu chiaro a Gotama, ormai consunto ed esausto e che forse dimostrava molto di più dei suoi trent'anni, che la ricerca stava in realtà raggiungendo un importante risultato.
Attraverso un processo di eliminazione stava arrivando ad un qualche tipo di verità, anche se solo negativa. Stava scoprendo dove non si trovavano la vera pace e la comprensione e tale rivelazione gli diede speranza. Ciò che ora chiamiamo meditazione trascendentale era allora largamente praticata, poteva anche essere indotta da droghe contenute in certi cibi abituali ma, avendo deciso di abbandonare la sua ardente e faticosa ricerca portata avanti giorno dopo giorno, anno dopo anno, Gotama si insediò nel cammino di mezzo. Con nuova calma cominciò a guardare alla vera natura della vita. Seduto sotto l'albero della Bodhi s'immerse in una profonda meditazione che durò per diverse settimane e giunse alla fine ad uno stato di illuminazione in cui comprese la causa e il rimedio della sofferenza. Il giovane principe, devoto a sua moglie e alla famiglia, che per comprendere il vero significato dell'esistenza aveva rinunciato alla felicità e al calore di una vita ricca, ma nel deserto del dubbio e della sofferenza, ora raggiunse la gioia finale. Si levò dall'ombra dell'albero della Bodhi, allungò gli arti intorpiditi e cominciò il lungo cammino verso casa, per abbracciare i suoi cari. Ovunque andasse diffondeva la notizia di ciò che aveva compreso, di ciò che alla fine aveva capito. La sua mente era chiara, non c'erano più domande. E scoprì di essere in grado di trasmettere agli altri la sua nuova conoscenza. Sua moglie fu tra i suoi primi seguaci, ma egli viaggiò largamente per tutto il nord dell'India preceduto dalla sua fama; le folle si accalcavano per vedere il risvegliato, l'illuminato, e per ascoltare il suo vangelo. Le sue parole continuavano ad essere ripetute anche quando se ne andava.
Oggi circa un terzo dell'umanità segue gli insegnamenti del Gothama Buddha e trova la sua semplice e rinfrescante formula un antidoto di effetto per la dura realtà della vita.
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