Momentum Vitae est meditatio


BENVENUTI, il mio progetto sul web nasce con l'intento di conservare e condividere

gli insegnamenti di Anapanasati e Vipassana al fine di affrancarsi dalla sofferenza esistenziale

sotto la guida di un insegnante autorizzato. Questo secondo la dottrina del Buddismo Theravada,

nella tradizione birmana di Sayagyi U Ba Khin, in memoria del suo allievo John Earl Coleman.

Tali insegnamenti sono preservati e perpetuati per il beneficio delle future generazioni,

per questo sono conservati con l’indicazione protettiva della perfezione, verità e devozione.

Tutte le nostre azioni sono dirette nello spirito del Damma.


WELCOME, my web project was born with the intention of preserving and sharing

the teachings of Anapanasati and Vipassana, in order to be free from existential suffering

under the guidance of a licensed teacher. This according to the doctrine of Theravada Buddhism,

in the Burmese tradition of Sayagyi U Ba Khin, in memory of his student John Earl Coleman.

Such teachings are preserved and perpetuated for the benefit of future generations,

for this reason they are preserved with the protective indication of perfection, truth and devotion.

All our actions are directed in the spirit of the Dhamma.


Un discorso di Sayagyi U Ba Khin

La storia di Jotika, Il Ven.Webu Sayadaw, Anapanasati, Vipassana-Bhavana, Storie di monaci illuminati, Le discepole illuminate del Buddha, Il potere di Anicca.

Al tempo del Signore Buddha c’era un ricco nobile che si chiamava Jotika. Viveva in una casa sontuosa con la moglie Atupakari, che era straordinariamente bella. Le pareti della loro casa erano tempestate di gemme e pietre preziose tanto che non c’era alcun bisogno di lampade per illuminare gli interni. Eppure, con tutta la sua ricchezza e altre seduzioni, un giorno, mentre visitava un monastero e rendeva omaggio al Buddha, egli abbandonò la vita da laico e si fece monaco. Con le sole vesti che indossava e la ciotola per il cibo, condusse una vita da monaco proprio come (si fa) ancora al giorno d’oggi. Un giorno, durante il suo giro quotidiano per la questua al seguito del Buddha, passarono davanti alla sua precedente dimora. I monaci più giovani, nel vedere la casa di Jotika, pensarono che egli avrebbe provato nostalgia per il suo precedente stile di vita e mormorarono tra di loro. Il Buddha li sentì e, raggiunto il monastero, chiese loro di cosa stessero parlando. I giovani risposero che parlavano di Jotika e il Buddha disse che Jotika era un arahat e come tale non aveva attaccamenti di nessun tipo per la vita che conduceva prima e per le sue attrattive. Aveva solo la predilezione per il Dhamma. “Sabbe rasam Dhamma rasam jinati”. 

            Tra tutte le predilezioni e felicità, la predilezione e felicità del Dhamma è la più nobile, la più elevata, la migliore. E’ migliaia di volte meglio di quella dei re, compresi i re dei deva e dei brama. E’ la predilezione di phala samapatti (raggiungimento della fruizione). Se questa preferenza non fosse stata molto più elevata di quella per i suoi possedimenti precedenti, si può stare sicuri che Jotika non avrebbe rinunciato ad essi. E quello che è più importante è che è possibile godere di phala samapatti perfino durante questa stessa vita. 

            Quando il Venerabile Webu Sayadaw era qui sabato scorso (il 28 di questo mese), mi chiese: “Gli esseri senzienti non stanno diventando ariya (cioè, coloro che hanno raggiunto la Retta Conoscenza) anche ora, in questo tempo, proprio come al tempo del Buddha?” Io risposi affermativamente. Poi egli mi chiese: “Chi sta diventando ariya in maggior numero, gli esseri umani o i deva e i brama?” Io risposi che la maggior parte di coloro che diventano ariya erano deva e brahma. Vedete, ai tempi della morte del Buddha (all’età di ottanta anni), egli previde che quattro asankheyya e ventimila miliardi di esseri senzienti dovevano ancora diventare ariya e che per loro i suoi insegnamenti sarebbero durati per cinquemila anni dopo la sua morte (un asankheyya è uguale a 10 alla centoquarantesima). Inoltre, la maggior parte avrebbe raggiunto lo stato di ariya durante quello che è conosciuto come il “Periodo Vimutti” (della Liberazione), o quel periodo che cominciava 2500 anni dopo la morte del Buddha. Questa è la ragione per cui risposi affermativamente alla prima domanda di Webu Sayadaw. Per quanto riguarda il motivo per cui la maggiore parte di coloro che raggiungono lo stato di ariya saranno deva e brama, dovete soltanto guardare alla popolazione del mondo, che penso ammonti a circa tre miliardi, della quale solo una piccolissima frazione ha la probabilità di diventare ariya. 

            Qui troverete vecchi studenti che vengono al centro di domenica e che staranno in meditazione seduta per una o due ore senza cambiare la loro postura. Scoprirete che, quando la vostra mente diventa calma e stabile, anche voi sarete in grado di stare seduti come loro senza molto disagio, e che una mente calma e stabile sarà anche di grande aiuto nelle vostre lezioni di scuola.

            Come disse il Venerabile Webu Sayadaw: “E' il lavoro che concederà molto beneficio, proprio ora in questa vita e anche nel futuro”. Così cercate di fare del vostro meglio per raggiungere Samadhi.

            Ieri ho parlato di citta-visuddhi che significa uno stato purificato della mente. E’ soltanto quando voi avete citta-visuddhi che può sorgere ditti-visuddhi (che viene con Vipassana). Per avere citta-visuddhi dovete avere samadhi che può essere raggiunta attraverso la meditazione anapana. Come dissi ieri, la meditazione anapana è molto sottile, molto profonda e anche molto difficile. Solo i Buddha e i discepoli migliori come Sariputta e Moggallana l’hanno praticata per samadhi. E’ per quelli con grandi parami (virtù) e lo stesso fatto che voi siete qui e la state praticando indica che dentro di voi ne avete a sufficienza. Nei testi Pali si afferma che l’inspirazione e l’espirazione di un bhikkhu che sono grossolane e pesanti prima della meditazione anapana diventano più leggere e fluide mentre medita. Così vedete, la vostra respirazione non deve diventare troppo aspra. Quando iniziate la meditazione Anapana, poiché voi vivete in ambienti sensuali è naturale che la vostra inspirazione ed espirazione siano un po’ aspre. Il vostro lavoro è quello di rendere l’inspirazione e l’espirazione leggere e fluide apportando i dovuti aggiustamenti alla vostra disposizione mentale.

            Per esempio, quando colpite un gong o una campana c’è immediatamente un suono molto forte. Questo suono lentamente diminuisce e diventa sempre più lieve finché non lo potete quasi più udire e cominciate a chiedervi se c’è ancora o non c’è affatto. Allo stesso modo, nella meditazione anapana, per essere in grado di conoscere l’inspirazione e l’espirazione, dovete respirare con cura. In questo modo il passaggio del respiro diventerà sempre più evidente e, quando ciò accade, semplicemente tranquillizzate la mente in questo percorso e continuate a conoscere l’inspirazione e l’espirazione mentre avvengono in modo naturale. Man mano che la vostra respirazione diventerà più leggera dapprima ci saranno respiri lunghi e brevi poiché c’è ancora entrata e uscita d’aria, ma alla fine la lunghezza diminuisce fino quasi a sparire e tutti e tre (l’inspirazione, l’espirazione e l’oggetto della concentrazione) emergono ad un punto alla base del naso sopra il labbro superiore. In questo punto sopra il labbro superiore sentirete una leggera sensazione di tepore che è caratteristica dell’aria. Dovete concentrarvi in modo penetrante e intenso su questo punto e quando farete ciò la vostra mente si calmerà. Avrete quella che è chiamata Cittass’ekaggata, acutezza della mente, e poi avrete samadhi. 

            Quando meditate e raggiungete Cittass’ekaggata, la mente si calma e le caratteristiche di una mente tranquilla sorgeranno sia fisicamente che mentalmente. Prima emergerà la soddisfazione (piti) seguita dal piacere (sukha) e poi sorgeranno indicazioni di una mente tranquilla. Queste indicano che esiste anche uno stato di purezza. Il Signore Buddha ha detto che la mente stessa (cioè la coscienza) è pura e luminosa ma che l’interferenza su di essa da parte delle forze delle impurità (le kilesa, o inquinanti dell’avidità/attaccamento, odio/avversione e ignoranza) hanno nascosto queste qualità. Mentre meditate, state lentamente rimuovendo le forze dell’avidità, rabbia e ignoranza dalla mente e la fate calmare. Nel Visuddhi Magga si afferma che il bhikkhu praticando anapana non deve andare alla ricerca del punto di contatto alla base del naso senza essere consapevole sia dell’inspirazione che dell’espirazione. Egli deve conoscere il passaggio della inspirazione e dell’espirazione come pure il punto di contatto alla base del naso. Così capite che è inutile concentrarsi su questo punto mentre si sta pensando a questo e a quello. Sempre nei testi si dice che con sati (consapevolezza) come fune e panna (intelligenza, conoscenza) come frusta, il bhikkhu dovrebbe concentrarsi e cercare questo punto di contatto. Proprio come le vacche alla fine arrivano al corso d’acqua, la consapevolezza dell’inspirazione e dell’espirazione in un punto in breve arriverà al bhikkhu che medita così. 

Questa indicazione non è la stessa per (...)

Così scoprirete che dopo un po’di tempo la caratteristica naturale dell’aria che passa dentro e fuori in un punto diventerà molto evidente e dovrete prestare tutta l’attenzione per non lasciarvela sfuggire. Ciò nonostante diminuirà e alla fine sparirà. Quando scomparirà, dovrete riaprire il passaggio inspirando ed espirando consapevolmente e cominciare a ripetere la procedura. A una persona che ha praticato ripetutamente per qualche tempo apparirà la prima indicazione di purezza (uggaha-nimitta). Questa indicazione non è uguale per tutti; secondo i testi, può apparire come cotone, lana, stelle o perle. Per alcuni che hanno sensazioni grossolane può essere come bambù o legno. Ad altri può apparire come fumo, nuvole, una ragnatela, un mazzetto o ramoscello di fiori, la luna o sole. Queste indicazioni dovrebbero venire se state seguendo il giusto sentiero. Qui mentre state seduti nelle vostre celle al buio di notte potreste vedere una tale indicazione. Forse vi può apparire come un lampo di luce o può sembrare la luce dell’alba. Comunque non apparirà semplicemente perché lo volete, né apparirà attraverso il vostro pensare con desiderio o la vostra supplica. Ciò che dovete ricordare è che proprio come le persone guadagnano svolgendo un lavoro appropriato per ottenere il salario, così anche voi qui dovete lavorare correttamente per ottenere questa indicazione. Se voi desiderate che questa sorga essa non verrà perché la vostra mente in quel momento non sarà libera da Lobha (desiderio, attaccamento, avidità). Questa indicazione sorge solo quando una persona è libera da lobha, e finché lobha é predominante, essa non apparirà. 

            Quando vi concentrate alla base del naso con piena consapevolezza dell’inspirazione e dell’espirazione, i vostri pensieri sono liberi da lobha, dosa (odio, rabbia) e moha (illusione) e tale stato della mente viene chiamato samadhi. Quando samadhi sarà raggiunta, questa indicazione sorgerà. Così, ciò che voi dovete ricordare è che non potete ottenere questa indicazione desiderandola. Per ottenerla dovete lavorare nel modo giusto e il vostro compito è quello di continuare a essere consapevoli dell’inspirazione e dell’espirazione alla base del naso. Nel momento in cui diventate consci di avere perso questa consapevolezza voi dovete riaprire il sentiero riconoscendo che state inspirando ed espirando. Come riprenderete questo sentiero sorgerà nuovamente la consapevolezza e poi scomparirà di nuovo perché il pensiero sicuramente ritornerà. Questa consapevolezza per la quale state lottando è molto preziosa e molte sono le persone che hanno raggiunto il Nibbana basandosi su di essa. 

            Citerò un caso inerente a questo: al tempo del Buddha cinquecento bhikkhu andarono da lui e chiesero il permesso di meditare. Il Buddha mostrò loro il metodo ed essi se ne andarono per trovare un posto adatto dove risiedere per praticare. Raggiunsero il villaggio di Matikagama e decisero di sostarvi per la meditazione. Là c’era un ricca signora che chiamerò la Lady di Matikagama (Matikamata), che aveva una grande tenuta e chiese rispettosamente ai bhikkhu di fermarsi là per praticare la loro meditazione. Ella si impegnò pure a procurargli il cibo e così i monaci soggiornarono là e meditarono sotto gli alberi. Vedete, essi non avevano quartieri confortevoli come voi avete ora e dovevano sedersi per terra sotto gli alberi. Dopo un pò di tempo, la Lady di Matikagama chiese ai monaci cosa stessero facendo ed essi risposero che stavano meditando. Lei chiese: “Perché?” E siccome le fu detto che la meditazione produce una mente calma, anche lei chiese se poteva farla nel tempo libero. I bhikkhu le dissero che anche lei poteva praticarla e quindi le mostrarono la tecnica. Essi non parlarono molto. Le dissero di mantenere la consapevolezza alla base del naso e che, quando fosse sorta samadhi, la sua mente sarebbe diventata calma e stabile e che infine la Retta Conoscenza sarebbe giunta a lei. Così, scelse nella sua casa un luogo adatto per meditare di notte, non appena i suoi doveri domestici fossero conclusi. Molto presto, quando la sua mente divenne calma, con essa venne piti (soddisfazione), passaddhi (tranquillità), sukha (piacere) e samadhi (concentrazione). Mentre continuava con la pratica della consapevolezza, la conoscenza di Vipassana arrivò a lei anche senza la guida di alcun insegnante e alla fine divenne Sotapanna (colui che è entrato nella corrente verso il Nibbana). Dopo di ciò divenne sakadagami. Dal lato gianico ottenne l’occhio divino (dibba-cakkhu), l’orecchio divino (dibba-sota) e perfino la capacità di leggere i pensieri degli altri (parassa-ceto-pariya-nana). Vi invito a notare che nessuno le aveva dato lezioni sul Dhamma; elle fece soltanto quello che le era stato detto di fare. 

            Poi, per mezzo della sua capacità di leggere i pensieri degli altri, ella cercò di conoscere la condizione dei bhikkhu, che pensava, dovevano avere sicuramente progredito. Con sua sorpresa trovò che essi non erano diventati nemmeno sotapanna e così ricercò le ragioni che stavano alla base del loro mancato progresso. Scoprì che, rinunciando alla vita comoda dei laici, essi avevano sentito la mancanza di qualcosa nella vita monastica e ciò li aveva irritati a tal punto che la loro meditazione era disturbata. Alcuni volevano un tappeto su cui sedersi, ad altri desideravano cibo più dolce, e così via. Per soddisfarli, Lady Matika, assieme ai suoi amici e compagni, si diede da fare per preparare del cibo adatto e raccogliere tappeti e così via, e il giorno dopo li distribuì ai bhikkhu. Poiché ognuno dei monaci ricevette ciò di cui aveva bisogno, essi furono in grado di meditare più efficacemente. Alla sera uno di loro diventò arahat e con la sua capacità di leggere il pensiero altrui cercò di conoscere il progresso degli altri solo per apprendere che anche loro erano diventati arahat. In realtà erano diventati tutti arahat nello stesso momento e ciò avvenne grazie alla capacità di Lady Matika di leggere i loro pensieri e accontentare i loro desideri. (Storia tratta dal Commentario del Dhammapada fino al verso 35) 

            Così vedete, Lady Matika non dovette leggere il Tipitaka per diventare ariya. Dai primi cinque discepoli in poi, tutti quelli che sono diventati seguaci di Buddha originariamente non erano buddisti. Essi avevano incontrato il Buddha, avevano accettato e seguito i suoi insegnamenti e perciò diventarono buddisti. 

             Un Sayagyi è uno che ha ereditato questo Dhamma dal Buddha ed è uno che mostra il cammino verso il Nibbana. A questo proposito il Buddha disse che non poteva dare il Nibbana a nessuno. Egli può solo indicare la via. Il Buddha disse: “Nibbana-dhatu esiste veramente. C’è anche una via per raggiungerlo e io vi sto mostrando la via”. Ciò nonostante alcuni si sono impegnati per il Nibbana mentre altri non l’hanno fatto. Per quelli che non si impegnano io non posso fare di più. Io non posso dare personalmente il Nibbana a nessuno. Posso solo indicare la via”. Così capite, neanch’io posso dare il Nibbana a qualcuno. Posso solo mostrarvi la via. Quelli di voi che seguono ed agiscono secondo la mia guida intraprenderanno il sentiero nel modo giusto e saranno in grado di raggiungere il Nibbana. Perciò non chiedetemi di sedermi a meditare per voi o di darvi in qualche modo il Nibbana. Voi dovete lavorare per ottenerlo, facendo proprio quello che vi ho detto.

            Comunque, c’è la questione delle parami. Secondo le parami di uno, ci sono quelli che diventano ariya in un tempo brevissimo e ci sono quelli che impiegano un tempo molto più lungo. Anche quando il Buddha era in vita ci furono molti che non divennero mai ariya. Ieri vi ho raccontato di Upatissa che poi divenne Sariputta. Poiché le sue parami erano di alto livello, egli non dovette nemmeno vedere il Buddha per diventare ariya. Egli incontrò Assaji, un arahat, e bastò che questi gli recitasse una strofa degli insegnamenti del Buddha per diventare un sotapanna. Poi andò dal suo amico Kolita (in seguito Moggallana). Essi erano amici molto stretti ed erano entrambi ricchissimi. Una notte, mentre assistevano ad uno spettacolo teatrale, videro una scena di morte alla fine della rappresentazione. Siccome non erano abituati a tali realtà nelle loro vite quotidiane, ne furono profondamente turbati. Si resero conto che un giorno anch’essi avrebbero dovuto morire e così si dissero. “…se c’è questo fenomeno della morte, ci deve essere anche un fenomeno di non-morte.” E allora fecero il proposito di ottenerlo. Così abbandonarono le loro ricchezze e andarono in cerca di insegnanti eruditi. A Rajagaha incontrarono il guru Sanjaya e divennero suoi studenti. Questo guru era uno dei sei guru più famosi prima dell’illuminazione del Buddha. Egli aveva sviluppato la sua conoscenza ad un livello talmente elevato che già guardando un solo osso di un morto era in grado di dire dove era rinato. Tuttavia non possedeva la conoscenza di Anicca, Dukkha e Anatta che permette di raggiungere il Nibbana. 

(il Buddha Gotama). Upatissa poi riportò le parole delle istruzioni di Assaji a Kolita e così divenne pure lui un sotapanna. Vedete, poterono diventare sotapanna soltanto ascoltando la recitazione di una unica strofa del Dhamma, grazie alle loro immense parami. Essi le avevano accumulate nel corso di un assankheyya e cento cicli del mondo. 

            Dopo essere diventati ariya i due amici andarono nel luogo dove risiedeva il Buddha, furono ordinati Bhikkhu e cominciarono la loro meditazione. Per una settimana non fecero alcun progresso. Il settimo giorno Moggallana si addormentò, in realtà russava proprio come alcuni di voi qui. Il Buddha vide ciò e dopo averlo svegliato gli chiese perché si era lasciato andare alla sonnolenza, una cattiva compagna. In questo si vede il lavoro di Mara. Mara attacca continuamente colui che cerca il Dhamma. E’ molto sottile e usa vari metodi. Attaccherà dall’interno e dall’esterno, da luoghi vicini e da luoghi lontani, per fare perdere qualsiasi Dhamma che uno può avere raggiunto. Per mandare via da Moggallana il sonno e la sonnolenza il Buddha emise il suo Nibbana-dhatu e il bhikkhu divenne vigile e riprese sammasati. Dopo altri sette giorni, sotto la protezione del Nibbana-dhatu del Buddha, diventò arahat.

            Sariputta, che in seguito sarebbe diventato il più esperto tra gli arahat per quanto riguarda “panna”, dovette meditare ancora per altri sette giorni prima di diventare arahat. Questi sono casi in cui lo stato di arahat fu raggiunto in brevissimo tempo.

            Il caso in cui ci volle il tempo più lungo per diventare arahat fu quello di Mahasiva Bhikkhu. Egli era un monaco molto istruito e rinomato per le sue interpretazioni corrette e giuste riguardo i problemi dei monaci. C’erano così tanti monaci che andavano a trovarlo per le loro questioni che a volte uno doveva aspettare parecchi giorni prima di vederlo. Un giorno un giovane bhikkhu andò a chiedergli il permesso di fargli delle domande. Mahasiva rispose che c’erano altri che aspettavano il loro turno e pertanto non lo poteva accettare in quel momento. Il giovane bhikkhu allora chiese se poteva fare le domande mentre il venerabile bhikkhu andava alla questua per il pasto mattutino. Mahasiva rispose che aveva già concesso quel tempo.

            Il giovane bhikkhu allora si ritirò e dopo avere pensato sulla questione, decise di fargli le sue domande mentre il monaco andava al gabinetto. Lo aspettò osservando le sue mosse e così, mentre Mahasiva tornava dalla toilette, il giovane improvvisamente lo affrontò e disse: “Signore, può dire con certezza che non rinascerà nell'inferno? Cosa ha fatto per assicurarsi questo? Questa domanda riguarda solo Lei e io ho chiesto solo qualcosa che La riguarda.” Il bhikkhu Mahasiva fu molto colpito da ciò e si fermò sui suoi passi. Poi il giovane, che era un arahat, sorridendo gli chiese di scusarlo, andò in uno stato di abhinna (potere superiore) e sparì nell’aria.

            Mahasiva allora ricordò che il giovane bhikkhu una volta era venuto da lui per un problema e pure che egli era stato un suo studente. Sapere che uno dei suoi giovani studenti era ora un arahat fece rinsavire il monaco erudito. Egli annullò tutti i suoi appuntamenti e, solo nella sua stanza, si mise a riflettere bene sulle cose. Vedete, sebbene non fosse ancora un ariya e fosse ancora un puthujjana, c’erano già ventimila dei suoi studenti che erano diventato arahat seguendo i suoi consigli e istruzioni. Così vedete, in certe circostanze, un puthujjana può fare l’insegnante a un ariya. Per continuare la storia, Mahasiva, dopo avere riflettuto sulla domanda che gli era stata fatta dal giovane bhikkhu, decise che era ora che lui dedicasse tutti i suoi sforzi alla pratica della meditazione.

            A questo proposito, cito un estratto dal Dhammapada che dice: “Una persona, che insegna ed espone i Tipitaka ma non pratica egli stesso la meditazione, è come un vaccaro che sorveglia le vacche degli altri. Proprio come il vaccaro riceve solo il suo salario e non può avere il latte di vacca, così anche quella persona non può prendere i frutti dal Nibbana”.

(Dhammapada, verso 19)

            Mahasiva disse ai suoi studenti più stretti che si stava ritirando nella foresta per dedicare tutti i suoi sforzi alla meditazione e che sarebbe tornato alla fine della Quaresima. Vedete, il suo egoismo lo portò a credere che in un batter d’occhio una persona come lui poteva diventare un arahat appena avesse cominciato a meditare. Così, lui con il suo orgoglio andò nella foresta per meditare, vivendo solo dei frutti e vegetali che erano a disposizione in quel luogo. Pensava che avrebbe raggiunto il suo scopo in circa sette giorni. Tuttavia dopo sette anni nella foresta doveva ancora diventare ariya. Pensò che il suo sforzo non era sufficiente, così non si prese più nemmeno il tempo di fare il bagno, ma meditava strenuamente. Eppure non riusciva ancora a diventare ariya. Vedete, c’era ancora troppo “Ego” in lui, e si sforzava così tanto che non poteva ottenere lo stato di samadhi. Quando lo sforzo diventa eccessivo si ha uddhacca, che significa il vagare della mente. Dovreste tenerlo presente, mentre meditate. Non dovreste stringere i denti, né chiudere i pugni. Dovreste procedere con agio pieno di zelo, che vuole dire che dovete essere vigili e attenti, ma anche rilassati.

            Dopo dieci anni, Mahasiva non riusciva ancora a mostrare alcun progresso e un giorno quando raggiunse la fine di trenta anni ed era ancora un puthujjana, il vecchio bhikkhu scoppiò a piangere e singhiozzare. Quando i suoi singhiozzi cessarono, la sua mente agitata si calmò e sentì che qualcun altro stava singhiozzando. Chiese chi fosse e la guardiana deva della foresta rispose che era lei che stava singhiozzando. Quando il bhikkhu le chiese perché lo facesse, ella rispose che, poiché anche lei voleva raggiungere il Nibbana, stava facendo esattamente come lui dal primo giorno in cui egli era entrato nella foresta. Quello era il motivo per cui aveva pianto quando l’aveva fatto lui. Sentendo ciò il bhikkhu provò vergogna e il suo orgoglio sparì. Senza il suo orgoglio progredì rapidamente nella sua meditazione e all’alba divenne un arahat. Nel frattempo i ventimila arahat che erano stati suoi precedenti studenti aspettavano e osservavano il progresso del loro insegnante. Siccome una volta erano i suoi studenti essi non poterono offrirgli alcun consiglio o istruzione. Così appena egli diventò arahat tutti loro andarono da lui e lo circondarono perché volevano lavarlo e renderlo presentabile. Ma poi arrivarono il re dei deva, Thagyamin, e sua moglie, Sugita, e questa indicò ai bhikkhu che aveva intenzione di farsi strada tra di loro per raggiungere Mahasiva. Poiché era una donna, i bhikkhu non potevano permetterle di toccarli così essi le fecero spazio. Appena ella raggiunse il monaco, lei rispettosamente gli versò dell’acqua speciale e così lo rese presentabile.

            La persona che diventò un arahat nel tempo più breve fu Darujiya. Era una specie di eremita che vagava in cerca del Buddha. Incontrò il Buddha mentre girava per la questua mattutina a Vesali. Darujiya non aveva mai visto il Buddha, eppure appena lo vide lo riconobbe come il Risvegliato. Si inginocchiò immediatamente e gli leccò i piedi per rendergli omaggio. Poi gli chiese il Dhamma. Il Buddha rispose che per questo egli doveva andare al monastero. Ciononostante l’eremita ripetè la sua richiesta e, quando il Buddha rifiutò per la terza volta, gli disse: “Signore, e se dovessi morire prima di raggiungere il monastero?” A queste parole il Buddha vide nel futuro dell’uomo e trovò che in realtà egli sarebbe morto molto presto. Così, in quel luogo e in quel momento, mentre era ancora in giro per la questua, il Buddha gli parlò del Dhamma ed egli divenne un arahat. Allora fece la richiesta al Buddha di riceverlo nell’ordine, ma il Buddha gli disse di assicurarsi di avere per prima cosa le vesti e i fabbisogni necessari. Vedete, quando una persona ha le parami richieste e l’aspirazione a diventare monaco il Buddha può riceverlo nell’ordine dicendo soltanto “Ehi Bhikkhu” (Vieni, Monaco). Nel caso di Darujiya, il Buddha sapeva che egli non aveva nessuna parami per diventare monaco, così gli disse che per prima cosa doveva assicurarsi di avere una serie di vesti. Il Buddha invece poteva accogliere nell’ordine con quelle due semplici parole coloro che, in qualche esistenza precedente, erano stati ordinati monaci o avevano aiutato qualcuno a diventare monaco.

            Quando il Buddha e gli altri monaci erano sulla strada del ritorno quello stesso giorno, si imbatterono in un corpo vicino ad un mucchio di immondizie nei pressi del monastero. Il Buddha disse ai monaci di portare il corpo al monastero e dare ad esso un funerale adatto a un re o un arahat. I monaci scoprirono che era il corpo dell’uomo che aveva insistito che il Buddha lo istruisse immediatamente nel Dhamma. Essi erano imbarazzati ma eseguirono le istruzioni del Buddha e poi rispettosamente gli chiesero una spiegazione. Il Buddha disse loro che, prima della sua morte, Darujiya era diventato arahat e in effetti, per diventarlo, aveva impiegato il tempo più breve di tutti i suoi discepoli. Il Buddha aggiunse che durante il periodo di un altro Buddha, Darujiya e tre compagni (tutti bhikkhu) avevano fatto il voto di meditare finchè avessero ottenuto lo status di arahat o fossero morti nel tentativo. Di conseguenza scalarono una montagna altissima che era così ripida che dovettero usare delle scale vicino alla cima. Quando la raggiunsero, lanciarono giù le scale in modo che nessuno di loro si potesse ritirare e i quattro compagni si misero a meditare. Già il giorno successivo uno divenne arahat e se ne andò attraverso l’aria per raccogliere cibo per gli altri. Ma essi lo rifiutarono e l’arahat si ritirò. Il giorno dopo un altro divenne arahat e andò a procurarsi cibo per gli altri e anche questa volta fu rifiutato. I due rimanenti continuarono la loro meditazione ma non ebbero successo e alla fine morirono. Uno di loro era Darujiya. A quel tempo la loro tecnica di meditazione era corretta ma c’era qualcosa che mancava, così essi non poterono venirne fuori e il Buddha Gotama sapeva questo quando incontrò Darujiya. Vedete, i Buddha hanno l’abitudine di conoscere ogni esistenza passata di una persona. Essi conoscono anche ogni pensiero che passa per la mente di una persona e le cause che stanno dietro agli effetti.

            Quando una persona ha accumulato parami nel modo giusto, il successo nella meditazione è davvero molto facile. Comunque ci sono quelli che sebbene possiedono grandi quantità di parami, non possono diventare ariya in questa vita. Le loro parami sono troppo grandi per un ariya ordinario. In una esistenza precedente hanno chiesto e ricevuto la benedizione e l’assicurazione da parte di un Buddha che sarebbero diventati discepoli importanti come Visakha Dhammadinna, la matrigna Gotami del Buddha, Kundalakesi, Padasari, e la Regina Khema. Esse erano tutte arahat con la capacità di accedere a tutti gli abhinna (poteri superiori). Al tempo del Buddha esse erano tutte sue sorelle. Il loro padre era il Re Kiki che aveva un figlio maschio (il Buddha Kassapa) e sette figlie. Quando il loro fratello era un Buddha, queste sette sorelle osservarono gli otto precetti e meditarono seriamente per tutta la loro vita. Allora l’arco del tempo della vita era di ventimila anni ed esse non erano ancora diventate ariya. Alla loro morte divennero deva sul piano di Tusita e al tempo del Buddha Gotama erano rinate sul piano umano e divennero discepole importanti e arahat. 

            La matrigna Gotami si prese cura del Buddha durante la sua infanzia e fu lei che col permesso del Buddha stabilì l’ordine delle bikkhuni. 

            Lady Visaka aveva grande rispetto per il Buddha e i suoi insegnamenti e non c’era alcun bhikkhu a Saketa o Savatthi che non aveva ricevuto dana da lei.

            La Regina Khema era la moglie del Re Bimbisara ed era molto bella e molto orgogliosa. Sebbene ella non andasse mai a salutare il Buddha, il re era molto devoto e regalò il monastero Veluvana al Buddha e ai suoi discepoli. Alla fine, poiché il re stesso era diventato un dayaka (upasaka, discepolo laico) del Buddha, anche la regina dovette andare a porgere i suoi ossequi. Il Buddha era a conoscenza di tutto questo e, quando lei arrivò al monastero, c’era una natthami (deva femminile) molto più bella di lei che rispettosamente sventolava il Buddha con un bel ventaglio. Lentamente questa natthami diventò vecchia e morì davanti agli occhi della regina. Questo fece vividamente ricordare alla regina l’impermanenza della bellezza e la morte e così ottenne lo status di arahat dopo avere ricevuto il Dhamma dal Buddha.

            Dhammadinna era la moglie di Visakha, un uomo ricchissimo. Un giorno, dopo essere diventato anagami in seguito ad una visita del Buddha, tornò a casa e sua moglie notò che egli non rispondeva come di solito ai suoi saluti e attenzioni. Lei fu turbata e gli chiese la ragione del suo stano comportamento. Egli le rispose che non aveva nulla da lamentare nei suoi confronti, ma che dopo avere sentito il Buddha, il suo modo di vedere era cambiato e lui non era più attratto dai piaceri dei sensi. La moglie allora gli chiese, se lei, come donna, poteva raggiungere un tale stato. Visakha si sentì molto felice per il suo interesse per il Dhamma e l’assicurò che anche lei poteva aspirare a tale stato. Subito dopo la portò dal Buddha con grande pompa e cerimonia. Dopo avere ascoltato il Dhamma del Buddha e avere meditato per una settimana divenne arahat. Il Buddha la riconobbe e la proclamò la più abile tra le bhikkhuni a predicare il Dhamma. Da allora in poi fu chiamata Dhammadinna. Vi invito a notare che lei era in grado di predicare il Dhamma anche se non aveva mai letto i Tipitaka.

            Un certo dottore Leon E.Wright, che è ora professore di religione e tiene conferenze sul Buddismo, un volta era qui. Non molto tempo fa venne qui una donna che aveva studiato i Tipitaka in Pali. Durante la nostra chiacchierata venne fatto il nome del Dottor Wright e lei chiese se lui aveva letto i Tipitaka poiché stava tenendo conferenze sul Buddismo. Io le dissi che il Dhamma del Buddha deriva da ciò che egli sperimentò personalmente. Anch’io ora sto parlando basandomi su ciò che io so. Così lo stesso vale per Sayama che non ha mai letto seriamente nessuno dei testi Pali eppure può rispondere a qualsiasi domanda le venga posta non solo dai laici ma anche da monaci eruditi. Vedete, lei non deve leggerli poiché può rispondere basandosi su ciò che conosce personalmente dalla sua effettiva esperienza. Quando rispondete in base a ciò che conoscete, come potete sbagliarvi? Ma senza conoscere e comprendere appropriatamente l’argomento, voi potete sbagliare. Le parami di Dhammadina erano tali che la sua esperienza la qualificò a presentare il Dhamma.

            Ora parliamo di Padasari. Penso che dovete avere appreso dai film come lei perse il marito e il figlio e come lei stessa divenne mentalmente squilibrata prima di diventare ariya. Le sue sorelle non dovettero soffrire come lei. Per esempio, Uppalavanna divenne arahat immediatamente dopo avere incontrato il Buddha. Ora, (vi chiederete) perché ciò? Quando il loro fratello era il Buddha Kassapa, esse avevano meditato, come voi ora, e conoscevano anicca e in questo modo si erano purificate con Vipassana. Ma esse non avevano ottenuto il Nibbana in quel tempo perché precedenti Buddha avevano predetto con certezza che sarebbero divenute tutte arahat poiché avrebbero posseduto tutti gli abhinna al tempo del Buddha Gotama. Uno non può andare contro una benedizione come questa, data da un Buddha, e così le sette sorelle non poterono diventare ariya mentre il loro fratello era un Buddha. Può darsi che alcuni di voi siano in questa categoria, così che anche se non raggiungete il vostro obiettivo immediatamente, non avete bisogno di sentirvi avviliti o delusi.

            Per quanto riguarda la purificazione delle impurità, Uppalavanna Theri e il suo compagno furono i migliori (prima di quella nascita essi erano ai livelli di Brahma). I loro genitori avevano combinato il loro matrimonio e successivamente essi si ripromisero di vivere esattamente come fratello e sorella ponendo un cordone di fiori tra di loro quando dormivano. Essi erano molto puri e puliti e appena sentirono parlare del Buddha, si travestirono da eremiti e andarono in cerca di lui. Lo incontrarono in una foresta. Il marito divenne l’arahat Nahakassapa Bhikkhu e la moglie divenne l’arahat Uppalavanna Theri (Bhikkhuni). Raggiunsero lo stato di arahat molto velocemente. Così fu per Khemadevi e le altre. Soltanto Padasari dovette soffrire perché non si era purificta adeguatamente. Così, anche se non potete diventare ariya in questa vita perché dovete diventare un ariya importante ed eminente al tempo del prossimo Buddha, dovete purificarvi in modo appropriato per non dover soffrire come Padasari. 

            Esse hanno ottenuto tutto ciò perché conoscevano le Quattro Nobili Verità. Queste verità sono nascoste da avijja (ignoranza) e dietro avijja c’è Mara. Il Buddha lo/a chiama Mara …. o uno che controlla tutte le forze immorali. Il Venerabile Ledi Sayadaw disse che nel Paranimitta-vasavatti, il più alto dei sei piani deva, c’è un re dei deva, un discendente di Mara, che controlla tutte le forze immorali. Questo deva vede tutte le cose nell’universo come appartenenti a lui e col suo esercito di seguaci ostacola tutti quelli che si stanno sforzando di sfuggire al samsara. Farà del suo meglio per impedire a qualsiasi persona di ottenere samadhi e una comprensione del Dhamma. A causa della sua influenza, alcune persone non hanno nessun desiderio di meditare e, quando lo fanno, il desiderio di smettere diventa molto forte. Abbiamo avuto un certo numero di queste persone qui e una di esse era un alto funzionario pubblico.

            Questo funzionario soffriva di ipertensione arteriosa e questo lo rendeva molto infelice. Una sera gli fu insegnata la meditazione Vipassana assieme ad altri studenti. Nella Vipassana si deve continuare a conoscere anicca mentre accade all’interno del vostro corpo. Il vostro corpo consiste di particelle piccolissime di materia che sono sempre nel processo di combustione, bruciate da tejo (calore) e la meditazione Vipassana vi permette di diventare consapevoli di questa natura atomica del vostro corpo attraverso le sensazioni corporee. Pochi minuti dopo avere iniziato la meditazione Vipassana questo funzionario cominciò a strofinarsi e grattarsi l’addome e così gli dissi di smettere e di rimanere molto fermo. Quando cominciate Vipassana non dovete muovervi o cambiare la vostra postura seduta. Dovete rimanere molto fermi. Quest’uomo rispose che aveva un terribile prurito all’interno dell’addome e io gli dissi di continuare a conoscere questo prurito come anicca. Con anicca non intendo solo ripetere continuamente a voi stessi anicca, anicca, anicca con la mente altrove. Ognuno conosce quel tipo di anicca e nessuno raggiungerà il Nibbana in questo modo. Con anicca intendo quel sentire dentro il vostro corpo ciò che voi stessi avete sentito e sperimentato personalmente. Sia che voi sentiate una sensazione bruciante, dolore, tensione o un piacevole formicolio ecc. Quando voi provate una sensazione di bruciore all’interno del vostro corpo, venite a conoscere la natura della sofferenza (dukkha) che è innata in voi. Qualche volta comunque potrete sentire una sensazione di tepore o piacevole formicolio che può farvi sentire comodi e a vostro agio. Questo è un trabocchetto dal quale dovete guardarvi.

            Una volta, un membro del mio personale venne a trovarmi di mattina presto. Si inginocchiò, e si prosternò ringraziandomi profusamente per avergli trasmesso il Dhamma. Quando io gli chiesi riguardo la sua meditazione mi disse che aveva meditato per tutta la notte poiché una sensazione di tiepido calore e lieve formicolio l’aveva fatto sentire caldo e a suo agio. Io lo sgridai perché invece di tentare di realizzare la verità della sofferenza egli aveva permesso di farsi portare via dal piacere dei sensi.

            Ora, ritorno al caso del funzionario statale. Siccome egli si sentiva agitato durante la meditazione, io concentrai la mia attenzione su di lui e sentii che non sarebbe stato capace di sopportare la reazione che era stata innescata in lui dal potere di anicca.

            La mattina successiva pensai di dare agli studenti l’ora di adhitthana (determinazione) un pò prima del solito. Così dissi a Oig Saw, che allora aveva l’incarico di cucinare, di preparare la prima colazione per le ore 6:00. Fissai agli studenti l’ora di determinazione alle ore 7:00. Prima di iniziare dissi al funzionario di mettersi vicino una sputacchiera poiché avevo la sensazione che avrebbe vomitato durante quella sessione seduta. Egli protestò dicendo che non aveva mai vomitato, ma io gli risposi di tenerne una in ogni caso. Dopo aver cominciato la seduta di massima determinazione lasciai la sala del tempio e come al solito parlai con Sayama e qualcun altro in questa stanza. Proprio alla fine dell’ora, il commissario aggiunto delle imposte sui redditi, che condivideva la cella con l’altro funzionario, venne di corsa da me. Era tanto concitato e mi disse che il funzionario stava respirando molto pesantemente e con vigore e che la saliva gli scorreva fuori dalla bocca e dal naso. Così andai nella sala del tempio e trovai l’alto dirigente che respirava ancora pesantemente, il suo respiro faceva un lungo e forte suono sibilante. La sputacchiera era quasi piena di liquido schiumoso e il suo viso era rosso. Mi sedetti davanti a lui per dire alla forza dentro di lui di non interferire con una persona che stava meditando. Condivisi con lui anche i meriti che avevo accumulato e gli dissi di andarsene. Lentamente il suo respiro si calmò e appoggiandosi su un fianco mise le braccia dietro la schiena e i piedi verso l’alto, si contorse verso di me molto lentamente appoggiando, alla fine, la testa sul mio grembo. In tutto questo tempo io non avevo cambiato la mia posizione seduta e lo guardavo con compassione e benevolenza. Egli poi mi chiese dell’acqua. Sayama che stava osservando tutto ciò dietro di me, mise dell’acqua in un grande boccale e come lo misi vicino alla sua bocca bevve quasi tutto in un fiato. Poi il suo viso si schiarì e tornò nuovamente normale. Ora gode di buona salute ed è libero dall’ipertensione.

            La sua firma sembra un drago. Nella sua biblioteca personale tutti i suoi libri sono timbrati con la figura di un drago che è per lui una specie di sigillo personale. Come dirigente comunale nell’Amministrazione Generale, aveva sempre richiesto di essere assegnato a una circoscrizione sulla sponda del fiume. E riusciva anche a gonfiare un pallone da calcio di quinta misura con un solo lungo respiro. Queste erano le caratteristiche della forza che era stata in lui prima che meditasse qui.

            Vipassana (anicca) ha il potere di portare fuori forze indesiderabili che potreste avere all’interno di voi. Così dovete fare del vostro meglio per continuare a conoscere anicca. Per conoscere anicca adeguatamente dovete avere samadhi e per ottenere samadhi dovete seguire le istruzioni date qui. Non serve tentare di pregare per ottenerla. Raggiungerete samadhi solo facendo effettivamente ciò che vi viene detto di fare. Ora, quando fissate la vostra attenzione alla base del naso, sarete in grado di sentire e percepire la pressione dell’aria là. Questo è rupa (materia) nella quale vayo-dhatu (la caratteristica di mantenimento/movimento) è predominante. Voi dovete spostare la vostra attenzione gradualmente, passo dopo passo, alle diverse parti del corpo e osservare anicca lì dentro. Perciò l’osservazione della mente dovrebbe essere stabile ed non dovrebbe vagare qua e là. Come vi ho detto ieri, una cellula di rupa è 1/46.656 volte più piccola di una particella di polvere che è visibile a occhio nudo. Per voi, essere consapevoli che il vostro corpo è formato da tali cellule e sentire la disintegrazione che sta avvenendo all’interno e sul vostro corpo, non è facile. Il vostro Samadhi deve essere dello standard richiesto. Permettetemi di sottolineare nuovamente che non ci può essere Vipassana senza Samadhi. 

Ora penso che avete raggiunto un livello ragionevole di Samadhi così tra pochi minuti cominceremo la meditazione Vipassana.

U Ba Khin

da Buddismo Laico, anno 2009/2010
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